23. Con l'editoria
Colli non vuole raccogliere schiere di lettori. Di lui si può dire ciò che
disse Nietzsche a proposito di Eraclito: «il suo agire non si rivolge mai a un
«pubblico», all'applauso delle masse e al coro osannante dei contemporanei»
(PHG 304). L'EAC è un mezzo adeguato, un'astuzia «per fare un cenno alla natura
di buon metallo e tenere distante quella volgare» (DN 172); una maschera, con
cui incuriosire, per raccogliere intorno a sé pochi discepoli. Per lui, che
pensa ai sodalizi esoterici dell'epoca sapienziale, quello che conta è «agire su certi uomini» (RE 93). Colli si rivolge agli
individui non-finalistici, a coloro che sanno trarre pensieri da se stessi e
pensano senza finalità, che esprimono una natura antipolitica e antieconomica,
a coloro che comunicano e mantengono vive le espressioni della vita. A questi
pochi Colli si rivolge per educarli a non sottomettersi, ma a serrarsi in una
«società culturale» staccata e autonoma dallo Stato (RE 87), in cui domini la
sfera dell'amicizia e il colloquio diretto. Egli
non vuole dunque incidere sulla realtà storica, tanto meno esercitare il
dominio politico-mondano, con la sua azione mira a qualcosa di più grande:
alla cultura fatta dai migliori.
24. Essenza di
questa società ristretta di uomini è la cultura intesa come vita vivente (PEAC 140). Il Simposio platonico
è l'emblema
di ciò che Colli intende: l'incontro di uomini eccellenti «uniti non da una
attività comune, ma da una qualità dell'anima: la grandezza» (PEAC 25), che
dialogano su un problema a proposito del quale ognuno dice ciò che ha sentito
nella propria interiorità.
25. Mentre da più
parti ci insegnano a «dare via il nostro cuore allo Stato, al guadagno, alla
vita sociale o alla scienza soltanto per non possederlo più» (SE 405), Colli
con la sua azione ha cercato di suscitare «una concreta vita filosofica
associata» (RE 88). Poiché nonostante l'ottundimento, la pigrizia e i
narcotizzanti miti del mondo moderno, egli percepisce nel presente una certa
vitalità e quindi «la possibilità della chiarezza» (RE 116). Non ci sono dogmi
da rispettare, tuttavia una «cerchia di doveri» si imporranno naturalmente a
chi avrà compreso la sua azione. A dispetto dei seguaci del divenire Colli ci
insegna che il ritorno alla sapienza è ancora possibile: «ciò che alcuni uomini possono
pensare e dire l'uno all'altro può vivere anche adesso - poco contano i
mutamenti delle società e degli Stati» (DN 82).
26. Come
Nietzsche, Colli mira alla vita e non a una conoscenza erudita. Tuttavia,
mentre l'azione di Nietzsche è dionisiaca, in quanto penetra nell'individuo per
scuoterlo e liberarlo, quella di Colli è apollinea,
indiretta, «colpisce da lontano». In questa occasione i suoi dardi sono gli
autori classici, ottimi per lanciare una sfida «a chi ha ancora qualcosa da
decidere, sulla sua vita e sul suo atteggiamento di fronte alla cultura» (PEAC
139). A costoro Colli offre gli individui della grandezza, i casi più puri, gli
archetipi umani per conoscere qualcosa sul conto della vita (RE 122).
27. Sapere che
sono realmente esistiti, sentire accanto a se i grandi del passato e nelle
loro parole trovare la conferma alle proprie intuizioni, è un'esperienza
decisiva per una nobile e giovane anima. Il sentimento che accompagna questo incontro è un
insieme di felicità, di consolazione, di speranza, di liberazione. E' una
catarsi, che nei migliori con gli anni perdura e si intensifica fino al punto
che diventa impossibile vivere senza venerare coloro che hanno saputo
ricondurre all'interiorità.
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