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domenica 18 maggio 2014

Nietzsche e Colli

Prima parte di un seminario di approfondimento a scuola

Anzitutto c'è tra i due un rapporto editoriale:
le Opere di Nietzsche sono state pubblicate in Italia (e nella stessa Germania) secondo il testo critico stabilito da Giorgio Colli e Mazzino Montinari. Quest'ultimo è stato allievo di Colli al Liceo “Machiavelli”di Lucca e poi amico e collaboratore di Colli.
Montinari essendo diventato un germanista (e pure iscritto al partito comunista) ebbe modo di accedere all'Archivio Nietzsche di Weimar (Archivio Goethe-Schiller), che si trovava nella Repubblica Democrarica Tedesca, e attraverso un lungo lavoro, a partire dal 1961, esaminando i quaderni del filosofo, confrontati con le opere pubblicate, stabilisce insieme a Colli il testo critico delle Opere di Nietzsche.
Le traduzioni, oltre a quelle di Colli e Montinari, sono di Sossio Giametta, Ferruccio Masini e altri. Mazzino Montinari svolse in Germania un grande lavoro, tuttavia nel rifare la “preistoria” della loro edizione scrisse che senza Colli l'edizione delle Opere non ci sarebbe stata (Su Nietzsche, Roma 1981, pp. 3-13).
Colli è noto ai più per essere stato il “curatore” delle opere di Nietzsche. Ma chi si trova a fare i conti con N. si accorge presto che Colli non è un semplice curatore delle sue opere, ma un discepolo che è diventato filosofo perché ha saputo imparare e ha voluto imparare dal maestro.  
Dopo Nietzsche: “Come si diventa un filosofo. Scegliere per tempo i propri maestri (il fiuto dev'essere innato) – purché siano pochi. Stringerli, spremerli, sviscerarli, tormentarli, sminuzzarli e rimetterli insieme, senza subire la lusinga della polimatia. Minatore fedele alla sua caverna: è la faccia oscura del filosofo. Schopenhauer ha conosciuto questa ricetta: Nietzsche no, ma ha saputo scavare Schopenhauer” (p. 26).
Di questa venerazione Nietzsche diede prova nella inattuale Schopenhauer come educatore. Colli ripete con Nietzsche la stessa esperienza, ma sul maestro non scrive nessun saggio, egli invece lo lascia parlare senza edificare alcuna interpretazione e senza intermediari, cerca di comprenderlo insomma nella sua totalità e non secondo frammenti casuali o suggestivi. Non è il caso, secondo lui, di interpretare le parole di Nietzsche ma di riprodurle secondo l'ordine in cui si sono manifestate.
Dopo Nietzsche (1974) è un libro che parla di Nietzsce ma non è un libro su Nietzsche.

Voi sapete certamente che storicamente non esiste un pensatore più mal trattato di Nietzsche. La sua personalità e il suo pensiero hanno dovuto sopportare la curiosità degli animi più volgari e soddisfare il gusto degli interpreti più corrotti.
Spesso le sue parole sono state utilizzate per sostenere gli scopi più esacrabili. Gli è toccato di essere bandito per le allucinazioni di animi patologicamente deviati.
Leggo un aforisma di Colli dal titolo Citazioni proibite. “Un falsario è chi interpreta Nietzsche utilizzando le sue citazioni, perché gli farà dire tutto quello che vorrà lui, aggeggiando a suo piacimento parole e frasi auetentiche. Nella miniera di questo pensatore è contenuto ogni metallo: Nietzsche ha detto tutto e il contrario di tutto. E in generale è disonesto servirsi delle citazioni di Nietzsche parlando di lui, poiché così di dà valore alle proprie parole con la suggestione che suscita l'introduzione delle sue” (Dopo Nietzsche, p. 196).

Quindi secondo Colli parlare delle sue idee è inutile, perché nessuno può parlare meglio di quanto abbia fatto lui; Nietzsche è come la musica: agisce in profondità, tocca il tessuto immediato della vita, le sue parole arrivano prima all'animo che alla ragione. In molti oggi credono di aver capito N. ma il vero capire è fare qualcosa nella direzione che egli ha indicato. E Colli lo ha fatto (gli studi sulla Sapienza, e il progetto editoriale presso la casa editrice Boringhieri con l'Enciclopedia degli Aurori Classici).

Solo in Colli, ci pare, troviamo rispettata la sua grandezza, poiché solo chi ha imparato veramente può essere mosso da un profondo senso di venerazione e gratitudine. E Colli il suo debito di riconoscenza lo paga con l'impegno profuso nella fedele edizione delle Opere.
Colli propose a se stesso questo complesso e esaltante enigma di nome Nietzsche perché poteva e voleva comprendere. Perché è un filosofo.
Un rapporto profondo gli consente di cogliere in lui - al di là delle maschere, delle commedie e delle polemiche del momento, che Nietzsche assume spesso - un sottofondo immutabile, un atteggiamento fondamentale che è della grande filosofia: il distacco dagli interessi sociali e politici e il tentativo di cogliere e affermare i valori essenziali della vita.
Capire Nietzsche veramente significa scartare la tracotanza con cui egli ha aggredito la realtà circostante.

Imparare da Nietzsche per Colli significa pure trattare il maestro con la stessa severità e giustizia con cui questi ha giudicato gli altri. Per cui non dobbiamo perdonare a N. le sue debolezze, ciò significa aver imparato da lui.
Ben inteso, per Colli Nietzsche è anzitutto più filosofo di ogni altro filosofo moderno, se per filosofia si intende una concezione totale della vita, più intuitiva che logica. Tuttavia Colli sottolinea alcune lacune di Nietzsche proprio come filosofo:
  • la mancanzza di disciplina filosofica o l'acerbità teoretica; mancanza di capacità deduttiva, l'incertezza e l'incostanza nelle sue argomentazioni ...
  • N. non sa dimostrare ma sa cogliere la verità; con tutti i proclami sulla libertà di spirito, N. non sa dire quando e perché una conoscenza è vera o falsa;
  • è ignorante per quanto riguarda la storia della filosofia; a volte per dispetto a Schopenhauer elogia Hegel (assorbe la grande menzogna tedesca connaturata alla lingua: Werden – divenire);
  • non distingue da Kant da Hegel;
  • per certe cose è affine a Spinoza ma lo conosce attraverso una esposizione manualistica; e anche per i Greci spesso le sue fonti biografiche e dossografiche sono tarde;
  • gli unici filosofi che ha letto direttamente sono Platone e Schopenhauer, ma del primo non ha affrontato tereticamente la dottrina delle idee, limitandosi a discutere questioni morali, politiche o estetiche; del secondo ha letto più i Parerga che il Mondo, mentre gli è estraneo il chiaro impianto della Quadruplice;
  • storicamente N. rimane immerso nell' irrazionalismo del secolo ma non è stato lui a scatenarlo, anzi lo è meno di tutti, sino a che si rivolge ai Greci e a Schopenhauer, però non affronta il problema della razionalità, non critica la ragione, l'adopera come a arma distruttiva e crede in essa; N. è assertore della ragione fino ad abbassarsi alla volgarità positivista; il suo scetticismo insomma non è estremistico;
  • spesso si serve più della psicologia che della logica, ma senza rigore scientifico, usandola come strumento letterario e suggestivo:
  • N. è un filosofo a metà, anche se le sue doti intuitive sono filosofiche e non artistiche, nel senso che coglie l'universale e non si ferma al particolare;
  • N. scrive troppo: non ha saputo dosare le proprie energie, si è bruciato troppo presto, sopraffatto dall'ebbrezza dionisiaca; egli fu un autentico homo scribens; lui che fu un dissacratore, non ha saputo dissacrare l'attività di scrittore; che senso ha parlare della follia, del dionisiaco, parlare contro ogni astrazione e poi consumare la vita nello scrivere, nella commedia, nella non vita;
  • e in effetti N. visse come un asceta (l'impulso egoistico ad affermarsi contro gli altri, l'ira, l'invidia e le altre passioni non sono testimoniate in ciò che conosciamo della sua vita; anche Zarathstra è un asceta;
  • N. parla troppo di sé, si mette a nudo...
  • si occupa dell'attualità, lui che che si coinsiderava un filosofo zeitlos (senza tempo); N. è l'antipolitico per eccellenza e se interviene nella mondanità lo fa per vanità, per la sua presunzione a vederci meglio degli altri... qui però i risultati di pensiero sono di rango inferiore; l'attuale in N. è l'aspetto meno rilevante del suo pensiero;
  • ricerca a tutti i costi dell'originalità, tipico vizio della modernità, che lo porta ad affermare il paradossale;
  • modesti sono certi suoi bersagli polemici (Strauss);
  • ha distrutto la Germania come mito culturale, ma per polemica contro i tedeschi ha elogiato i francesi, spesso personaggi di scarsa importanza;
Questi attacchi di Colli non devono ingannare, non sono una interpretazione. Nietzsche è il solo contro cui abbiano senso gli attacchi. Per poterlo fare bisognava porsi al suo livello, e Colli lo ha fatto.
Molto severa è la critica è la critica alle deviazioni dell'immagine dell'uomo integro, che Nietzsche stesso ha proposto nei suoi scritti; quando Nietzsche dimentica il suo essere aristocratico, antico, per presenarsi invece con i vizi tipici della modernità. Per comprendere ancora meglio il giudizio di Colli conviene leggere questo aforisma Il modello dell'integrità (in Dopo Nietzsche, pp. 199-201): “L'uomo moderno è spezzato, frammentario. Una vita integra gli è preclusa, qualòunque sia il paese in cui vive, l'educazione che ha ricevuto, la classe sociale cui appartiene. Egli avverte come una fatalità questa frattura, irrimediabile, sin dal principio, se ha la capacità di avvertirla. L'individuo e la collettività si sono allontanati con il trascorrere dei secoli, lungo cammini divergenti, e continuano perciò ad allontanarsi. Ciò che la collettività si attende dall'individuo, presuppone in lui, è sempre diverso da quello che egli scopre in se stesso come autentico, sorgivo. E chi è qualcosa di più che una formica, chi vuol lasciare dietro di sé una traccia durevole tra le apparenze, il suo strascico, di cometa o di lumaca, viene frantumato dal mondo umano, non dalla sua ostilità, ma semplicemente dalla sua estraneità, dalle sue regole, dai suoi comportamenti, dalle sue consuetudini. Nella collettività l'espressione dell'individuo non riecheggia, non rifulge più, è perduta l'armonia del mondo antico.
Negli ultimi due secoli l'apparizione di una grande personalità si accompagna al quadro di un'esistenza tragica, quando non intervenga un temperamento accomodante o vile a preservare l'iindividuo. La lista sarebbe lunga. Nietzsche è un esempio clamoroso, emblematico, di questo destino. Ed eccezionale è il suo pudore, la lotta temeraria, disperata, di chi si sente destinato a soccombere, eppure tenta di mascherare la sua sorte. Nietzsche vuole una vita integra, e vuole mostrarsi come integro. In questo è “antico”: giudica degradante rivelare, esibire la vita spezzata come tale, e non permette a nessuno di pensare che l'esistenza di chi parla al mondo, come fa lui, nasconda un fallimento. Qundo la dilacerazione nondimeno erompe, Nietzsche sa presentare l'effusione, la rottura degli argini, come menzogna poetica. Ma questa maschera della pienezza, la commedia dell'integrita, è insostenibile, favorisce il compimento di ciò che vuole celare, la dissoluzione della persona.
Cosa importa d'altronde se quell'integrità che lui proclmava non si è realizzata nell'uomo Nietzsche? E certo la curiosità pettegola dei nostri contemporanei, che si è gettata avidamente sulla disgregazione dell'uomo, non è riuscita a sminuire per nulla l'espressione di questo individuo, ciò che lui mise fuori di sé, sopra di sé. Poiché, in un mondo che stritola l'individuo, Nietzsche è stato capace di farci cedere l'individuo non piegato dal mondo. Questo risultato lo raggiunge in un'epoca che si è compiaciuta – e il compiaciento oggi è anche più forte – di mostrare la vita spezzata, l'individuo fallito. Se la persona di Nietzsche è stata infranta, ciò non dimostra nulla contro di lui. In cambio egli ci ha lasciato un'immagine diversa dell'uomo, ed è con questa che dobbiamo misurarci noi”.
Valeva la pena di riportare per esteso quest'aforisma; non solo per sottolineare l'eroismo nietzscheano, ma anche per la riflessione sul mondo che esso contiene.