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martedì 29 luglio 2014

Atti del Convegno



Il giovane Colli


Anche il giovane Colli si presenta a noi come un educatore, proprio nel momento in cui lo troviamo teso ad educare se stesso attraverso lo studio dei grandi del passato, anzitutto i Presocratici e tra i moderni soprattutto Schopenhauer e Nietzsche. Poiché per lui penetrare nell'interiorità di quegli uomini eccezionali (attraverso le loro opere) significa scegliersi il modo più alto di esistere, crearsi un intimo modo di essere perfetto nella vita (AD 29-30).
Dunque sin da subito Colli ha scelto la grandezza come cifra della propria vita (AD 51). E conoscendo la coerenza di cui Colli ha dato prova, non ci stupisce trovare già anticipata nei suoi scritti giovanili quella perfetta fusione dell'aspetto metafisico-gnoseologico e morale (AD 28) che egli realizzerà negli anni della maturità.
Apollineo e dionisiaco (AD) è importante non solo perché possiamo vedere nel giovane Colli già presente quella volontà di dominare le cose con la conoscenza della loro essenza (AD 29), è importante anche perché contiene numerosi riferimenti ad artisti moderni (Pollaiolo, Leonardo, Piero della Francesca, Michelangelo) che non saranno più menzionati nelle opere successive; tranne un generico ma importante riferimento alla pittura del Rinascimento (Dopo Nietzsche 150). Ma Apollineo e dionisiaco è utilissimo soprattutto per cogliere qualche differenza tra l'estetica del periodo giovanile e l'estetica della maturità.
In questo scritto giovanile (1938-1940) Colli si confronta principalmente con Schopenhauer e Nietzsche, che considera le ultime tempre filosofiche, gli unici che nel mondo moderno non usurpano il titolo di filosofo.
A differenza di Schopenhauer, Colli non pensa di stabilire un sistema delle arti. Come è noto Schopenhauer nel terzo libro del Mondo come volontà e rappresentazione pone una diferenza tra la musica, che esprimerebbe direttamente la volontà e le arti figurative, che hanno per oggetto le idee platoniche (espresse secondo un ordine gerarchico, che dal grado più infimo, l'architettura, arriva al grado più elevato, la tragedia). Dal confronto con Schopenhauer Colli invece matura la sua visione del mondo, in cui la fondamentale opposizione tra noumeno e fenomeno viene ripensata nei termini di interiorità (che assume valore di cosa in sé) ed espressione (cioè la rappresentazione).
Alla luce di questa visione, Colli ripensa la distinzione tra apollineo e dionisiaco posta da Niezsche nella Nascita della tragedia. E dice in modo esplicito che la contrapposizione tra il carattere apollineo e il carattere dionisiaco è il criterio fondamentale per qualsiasi interpretazione estetica (AD 57).
Tutto il fenomeno artistico grazie a questa distinzione porta a una sua differente valutazione, per cui al dionisiaco tocca indubbiamente una dignità superiore rispetto all'apollineo. E difatti senza tener conto della differenza tra i generi artistici - cioè musica da una parte e scultura ed epica dall'altra, come aveva fatto Nietzsche – Colli stabilisce la differenza tra arte sovrumana (dionisiaca) e arte umana (apollinea).
Chiariamo questi due concetti. Il dionisiaco individuale (e non collettivo – grande errore della Geburt, secondo Colli: AD 63) viene definito come “interiorità pura, sentimento e volontà denudati da immagini” (AD 111). Per cui processo creativo dell'opera d'arte avverrebbe secondo questi termini: il vero cretore dionisiaco parte dalla propria interiorità, senza stimoli esterni e senza l'impressione di cose particolari, e quando la sua solitudine trabocca di vissutezza e sente il bisogno di comunicare con gli altri uomini cerca affannosamente simboli visivi che espriamano il suo interno (AD 119, 129).
L'apollineo invece è espressione, la sua natura è sin dall'inizio condizionata e nella sua essenza è inferiore e dipendente dal dionisiaco (AD 79), per cui gli aritsti umani (Omero, Dante, Shakespeare, Verdi) si muovono nell'ambito della rappresentazione, creano cioè attraverso l'umano. Nel loro stato sognante, contemplativo, partono da una immagine creata spontaneamente o da una sensazione o da un'esperienza personale e questa immagine, che ha dato luogo al loro sentimento, è quella stessa che poi viene trasformata artisticamente.
Nelle opere della maturità la distinzione tra arte umana e arte sovrumana non compare. Forse ne rimane una traccia nell'aforisma intitolato “Nebbia e sole” (Dopo Nietzsche 179), in cui Colli distingue un mistcismo mediterraneo, visionario, da un misticismo nordico, che rifugge dall'apparenza sensibile.
Questo mutamento è dovuto molto probabilmente al nuovo significato che viene ad assumere a Apollo in seguito alla sua geniale ricostruzione delle origini della sapienza. Anzi, ne La nascita della filosofia la preminenza è data ora ad Apollo, tant'è che qui l'estasi misterica dionisiaca veine considerata “il presuposto della conoscenza, anziché conoscenza stessa”, di cui invece Apollo è signore (NF 15-17).
Negli scritti della maturità, e ci riferiamo soprattutto al capitolo “Arte è ascetismo” dell'opera Dopo Nietzsche, la distinzione tra arte umana e arte sovrumana non viene ripresa, e si può dire quindi – parafrasando una celebre opera di estetica del Settecento – che qui le belle arti sono ricondotte a un unico principio: il dionisiaco soltanto.
In tutti i casi, per concludere, al di là dei generi espressivi e delle variazioni dovute all'approfondimento delle due divinità greche, ci sembra di poter dire che viene riconfermato il pensiero fondamentale maturato negli anni giovanili: l'arte deve avere un valore metafisico. La rappresentazione deve essere vista in relazione a un fondo dionisiaco. Questo è l'unico metro per scoprire la grande arte (La ragione errabonda fr. 505, 179).
Data questa severa concezione estetica, non stupisce l'assenza, sia negli scritti giovanili sia nelle opere delle maturità, di un qualche riferimento all'arte contemporanea. Anzi, in un frammento dei suoi “Quaderni postumi”, in cui Colli critica i sistemi filosofici contemporanei, che secondo lui nascono dalla loro smania di mostrarsi originali e dalla inconfesata incapacità di tenere il passo con i grandi del passato, li paragona a tutte le rivolte anti-tradizionaliste dell'arte figurativa più recente (La ragione errabonda fr.92).
Un'estetica impegantiva quella di Colli, che meriterebbe di essere onorata da qualche artista che volesse assumerla come poietica o da qualche filosofo che volesse seguirne i suggerimenti e i criteri per una critica d'arte.
 
[testo preparato per la presentazione degli Atti]