Sabato 26 gennaio 2013
Sala Consiliare, ore 16.30
Lerici (SP)
Il giovane Colli
Simposio in onore di Enrico Colli curatore delle opere postume di Giorgio Colli
PROGRAMMA IN BREVE:
Chiara Colli Staude, Istituto Italiano di Studi Filosofici, Scuola di Heidelberg: I nuovi postumi giovanili di Giorgio Colli editi dal figlio Enrico;
Marco Colli, regista cinematografico e teatrale: proiezione del video “Si è fatta sera: perdonatemi che si sia fatta sera!” (20 min.);
Clara Valenziano, giornalista: Ricordi di Lucca: conversazioni filosofiche fra amici;
Franco Manfriani, Responsabile Editoriale Teatro Maggio Musicale Fiorentino: Ricordi di un’amicizia;
Valerio Meattini, Professore ordinario di Filosofia teoretica, Università di Bari: Giorgio Colli. “Anni di apprendistato”;
Andrea Costa, appassionato di Vipassana: Giorgio Colli e l'Oriente;
Alberto Banfi, Bibliotecario e curatore del sito web giorgiocolli.it: Un sito internet per l'Archivio Colli;
Stefano Busellato, Università di Siena: Einleitung.
Sono previste letture e interventi di improvvisazione musicale di Enrico Bardellini. E la proiezione del film di Marco Colli: Modi di vivere - Giorgio Colli, una conoscenza per cambiare la vita (1 ora). Coordina Angelo Tonelli.
Richiesta informazioni sul simposio: angelo.tonelli.4rke@alice.it
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mercoledì 23 gennaio 2013
domenica 20 gennaio 2013
Convegno di Lerici
Per il Convegno di Lerici, del 26 gennaio 2013, organizzato da Angelo Tonelli, in onore di Enrico Colli, curatore delle opere del padre, ho scritto queste note. Le pubblico qui, non essendo certa, per motivi contingenti, la mia partecipazione all'incontro.
Signori,
prendiamo in esame tra gli
scritti giovanili di Colli Apollineo e
dionisiaco. Qui egli vuole arrivare a un concetto di dionisiaco più vasto
di quello dato da Nietzsche ne La nascita
della tragedia. Questo concetto viene così definito da Colli: “esso è la
fase di aspirazione intima di certi uomini eccezionali prima che essi giungano
a qualsiasi espressione, l’impulso a superare tutto ciò che è umano … il
dionisiaco individuale [e non collettivo] è interiorità pura, sentimento e
volontà denudati da immagini” (AD 111).
Come potete vedere è qualcosa che
va oltre la “sacra ambizione” di cui parla Pico della Mirandola nel suo
discorso sulla dignità dell’uomo.
Il dionisiaco così inteso è stato
per Colli il criterio per giudicare i sapienti e ulteriormente le grandi anime
del mondo moderno. In questo atteggiamento egli accoglie il giudizio già
espresso da Nietzsche, il quale aveva affermato: “Tutto ciò che ora chiamiamo
cultura, educazione, civiltà, dovrà un giorno comparire davanti all’infallibile
giudice Dioniso”.
Questo tentativo di riconoscere
la grandezza in base alla propria “più sacra intimità”, come disse ancora
Nietzsche in Schopenhauer come educatore,
non ha nessun inconveniente ed è naturale per chi vuole formare e conformare la
propria vita morale, teoretica ed estetica sull’esempio dei grandi.
Rispetto agli scritti della
maturità, in questi scritti postumi c’è l’orgoglio giovanile, quella certezza
che nel tentativo di distinguersi dalla mediocrità stabilisce delle gerarchie
nell’ambito delle “verità interiori” (AD 168).
Constato molto presto che risultava
impossibile parlare agli uomini del presente, perché troppo umani, il giovane
Colli si volgeva ai filosofi sovrumani, nel tentativo di cogliere, da vero
filologo, dalle loro espressioni le interiorità che le avevano prodotte.
Queste indicazioni rimangono stabili
per tutta la sua vita, e inoltre condivisibili: si tratta in fondo dello stesso
criterio che ha spinto noi a dedicare molti anni allo studio del suo pensiero, mantenendo
una venerazione che ha trovato la sua espressione nel libretto Colli come educatore.
Tuttavia, siccome è sempre stato
Colli a farci riflettere, per questa occasione tocchiamo alcune questioni che
rimangono aperte nel pensiero di Colli e le differenze che ci sono rispetto
agli scritti successivi, soprattutto in relazione al riconoscimento del valore
espressivo di un’opera d’arte.
In Apollineo e dionisiaco Colli parla dell’arte apollinea, che
definisce arte umana; essa, non essendo interiorità pura come il dionisiaco
(sovrumana), è legata, per quanto riguarda la sua creazione, all’immagine,
all’oggetto, che è il principio e punto di arrivo dell’attività artistica.
Negli aforismi dedicati all’arte
in Dopo Nietzsche, Colli estende il
dionisiaco a tutta l’arte senza alcuna distinzione per quanto riguarda il
genere espressivo. E sarà la presenza del dionisiaco, recuperato attraverso una
tecnica interiore, a determinare secondo lui l’arte vera.
Essendo il dionisiaco interiorità
pura, negli aforismi di DN, l’arte “non ha un oggetto”.
Ecco dunque la questione: non è
tanto l’ascetismo o l’allontanamento dal presente il vero tema in giuoco
nell’estetica di Colli, quanto il carattere simbolico dell’arte dionisiaca.
Dopo la corsa all’indietro, in direzione dell’immediato, l’artista si serve di
oggetti di questo mondo per tradurre le gemme nascoste dal tessuto della vita.
Il nocciolo del problema è
proprio questo: se l’arte non è in rapporto diretto con gli oggetti sensibili
appartenenti al tessuto rappresentativo, non ha con essi un collegamento
naturale, può il solo correlato soggettivo determinare il valore di un’opera
d’arte? Sia per la creazione che per la fruizione dell’opera.
Quando Colli suggerisce alla
critica musicale, l’indicazione delle battute in cui si attinge il culmine
della vita interiore del musicista (l’acme dell’opera d’arte), sa di poterlo fare
benissimo per la musica. Qui estetica realistica e estetica idealistica non
hanno nessuna competenza; non c’è nessuna imitazione e non c’è veramente
bisogno di giudicare a partire dell’oggetto della rappresentazione.
Tuttavia, anche per quanto
riguarda la musica, basti pensare ai giudizi di Nietzsche su Wagner, per
comprendere quanto questo compito sia difficile. Cosa è una musica dionisiaca?
Ognuno nella sua anima dice di sentirlo e saperlo con certezza.
Lo stesso Colli, in questi
scritti giovanili, dice che “l’intensità della commozione non è in rapporto con
il valore dell’opera d’arte… Non solo ma si può essere ugualmente esaltati da
una sinfonia di Beethoven e da un pezzo di musica da ballo…” (AD 168-169).
E quali problemi ci sono per
l’arte figurativa? Ricordiamo che Colli ha criticato Nietzsche quando questi
aveva giudicato dionisiaca la scultura di Scopa e Prassitele, impensabile
secondo lui in artisti del IV secolo! Però considera dionisiaci i Prigioni di Michelangelo.
Sulla pittura, non avevamo dagli
scritti della maturità alcuna indicazione circa i nomi dei grandi artisti. Ma
con AD finalmente riusciamo a comprendere quell’aforisma presente in DN a pag.
150: “Il paesaggio toscano diventa carico di mistero nella pittura del
Rinascimento: dietro si nasconde la vita dell’autore, i nessi personali
sfuggono. In quel mistero si esprime la volontà di celarsi, il possesso di
un’altra ricchezza”. [brano letto, tra la altro, in un film do Marco Colli, se
non ricordo male Giovanni senza pensieri]
Dunque il paesaggio nella pittura
del Pollaiolo è l’occasione per esprimere se stesso, liberamente, al di là dei
temi delle opere commissionate, sicuramente non dionisiache.
Allora tutta la pittura del
genere paesaggistico è di tipo dionisiaco? E se invece, come è capitato a certa
pittura moderna, sorgesse da una semplice intenzione puro-visibilista tendente
a rendere artistica la realtà? La “verità delle ultime cose” in una pianura? (cfr.AD
169-170)
Per concludere questa breve nota,
se per la musica è abbastanza arduo indicare il punctum saliens del brano. La
teoria dell’acme dell’opera d’arte è sicuramente più adatta per l’arte
figurativa. Del resto, come si comunica la più alta sapienza di Dioniso?
La risposta sta nell’introduzione
al secondo volume della Sapienza greca:
“col rappresentare l’arresto di un’azione in una istantaneità sconvolgente, in
un quadro culminante […] Un esempio è descrizione dell’attimo in cui Core fu
rapita… nell’istante si manifesta allo sguardo la contraddizione metafisica di
Dioniso: bellezza e crudeltà coincidono” (SG II 21).
Insomma se l’opera deve essere
secondo il contenuto dionisiaco
“simbolo della duplice natura del mondo” (DN 150), l’arte figurativa, umana, è
sicuramente la sua espressione più adeguata.
Giudicare il valore di una
espressione dal suo correlato soggettivo potrebbe portare a considerare
dionisiaco tutto ciò che entra in sintonia con la nostra interiorità.
Ma anche un’opera pittorica
eseguita secondo gli stilemi dell’espressionismo astratto può essere
considerata dionisiaca? Crediamo di no. Sull’arte contemporanea siamo d’accordo
con Colli, perché aveva le idee chiare: notando
in Schopenhauer e Nietzsche le ultime tempre filosofiche e constatando la fine
della filosofia, denunciava, nei filosofi dell’800 e del ‘900, “l’inconfessata
incapacità a tenere il passo con i grandi del passato” che paragonava a “tutte
le rivolte anti-tradizionaliste dell’arte figurativa più recente” (RE fr. 92).
Dunque, per il carattere
simbolico della sua espressione, il dionisiaco, nella sua unica formulazione di
“interiorità pura”, lascia problematica e non risolta quella continuità, che
Colli cercava, tra interiorità ed espressione, che invece dovrebbe garantire la
sua autenticità; e per ciò risulta fuorviante.
Colli ha esteso il misticismo
nordico (DN 179) a tutta l’arte, che si esprime in modo eccellente nella
musica, quella romantica però, ma ha lasciato fuori dal suo ambito il misticismo
mediterraneo, che richiede di essere compreso e spiegato nella trasfigurazione
visionaria di vissutezze legate a individui, oggetti, immagini di questo mondo… ma forse tutto ciò
era umano, troppo umano.
Leggendo questi scritti
giovanili, nel confronto con quelli della maturità, a noi interessava, in primo
luogo, verificare quale espressione artistica può rendere in maniera adeguata
il contenuto dionisiaco; in secondo luogo, accettato questo contenuto come il
solo degno di essere rappresentato, se diventa possibile riconoscerlo
nell’opera d’arte; in terzo luogo, se quel contenuto è possibile esprimerlo in
tutte le forme artistiche; in quarto luogo, stabilire se oltre al “contenuto
dionisiaco” ci sono altri contenuti degni di essere rappresentati.
Si trattava di una legittima
richiesta rivolta a un sapiente.
Lavagna, 20 gennaio 2013
giovedì 3 gennaio 2013
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